Gli impianti di captazione e recupero biogas sono presenti in molti settori industriali come per esempio negli impianti di trattamento anaerobico dei rifiuti, nelle discariche, negli impianti di depurazione, nell’industria agricola e zootecnica, ecc …

Solo a titolo illustrativo e con estrema semplificazione e sunto, prendiamo in considerazione gli impianti di DISCARICA dove vengono depositati i rifiuti per i quali non è stato possibile il riciclo o altra forma di recupero.

In questo luogo i residui di molti rifiuti, soprattutto i residui di rifiuti biodegradabili, restano attivi per oltre 30 anni e, attraverso naturali processi di decomposizione producono biogas e percolati.

La decomposizione della componente organica dei rifiuti avviene qui attraverso diversi processi che presentano spesso aspetti vari e complessi. Si tratta principalmente di processi fisici, chimici e biologici che agiscono in contemporanea e che ora riporteremo con somma semplificazione:

  • la DEGRADAZIONE FISICA comporta la modifica delle caratteristiche fisiche del rifiuto stesso come la riduzione di volume e la precipitazione, il rilascio e l’assorbimento di sostanze;
  • la DEGRADAZIONE CHIMICA comporta l’attivazione di reazioni tra le diverse sostanze componenti il rifiuto; ad esempio sono significative nella qualità dei percolati (variazione del PH, del potenziale redox, della solubilità);
  • la DEGRADAZIONE BIOLOGICA comporta la trasformazione della materia che costituisce il rifiuto ad opera di microrganismi come i batteri; la degradazione biologica si svolge principalmente in tre fasi (fase aerobica, fase anaerobica e fase metanigena anaerobica) per mezzo delle quali avviene il processo di biogassificazione del rifiuto.

La fenomenologia produttiva del biogas viene qui soltanto accennata mediante la seguente schematizzazione:

  • Fase aerobica: avviene subito dopo il deposito dei rifiuti ad opera dei microrganismi aerobici e dipende dalla disponibilità di ossigeno presente nella matrice. Normalmente è di breve durata (da qualche ora ad alcuni mesi) ed è legata alla tipologia dei rifiuti. Il processo aerobico è fortemente esotermico (produzione di calore che può raggiungere temperature di 70° C) ed è caratterizzato da emissioni di anidride carbonica, acqua e sostanze organiche parzialmente degradate.
  • Fase anaerobica (acida): avviene quando la disponibilità di ossigeno è ridotta al punto in cui non è più possibile un processo aerobico. In questo contesto i microrganismi aerobici prediligono utilizzare l’ossigeno libero ma, in sua assenza, possono utilizzare l’ossigeno legato. In questa fase avviene la produzione di anidride carbonica, una minore generazione di energia termica rispetto al processo aerobico e una notevole produzione di sostanza organica parzialmente degradata; la maggior parte della sostanza organica parzialmente degradata è costituita da acidi organici. Questi acidi, con l’anidride carbonica disciolta, si ritrovano nel percolato a cui conferiscono una certa acidità.
  • Fase metanigena anaerobica (costituita a sua volta dalla ‘fase metanigena anaerobica non stazionaria’ e dalla ‘fase metanigena anaerobica stazionaria’): è lo stadio finale della decomposizione dei rifiuti organici. In questa fase i microrganismi convertono la sostanza organica parzialmente degradata dagli organismi aerobici in metano, anidride carbonica e in altri microcomponenti. Le caratteristiche di questa fase sono sempre la produzione di energia termica (inferiore rispetto alla fase aerobica), l’utilizzazione di materia organica disciolta, la produzione di metano ed anidride carbonica, nonché l’aumento del PH con valori vicini alla neutralità.

La fase metanigena si instaura dopo un periodo che varia tra i 3-6 e i 9-12 mesi  dall’abbancamento del rifiuto in discarica. Una volta avviata questa fase, la produzione di biogas si mostra per parecchi anni (oltre 30 anni), secondo un andamento che evidenzia la massima produzione nei primi anni e un progressivo esaurimento asintotico fino alla completa degradazione della sostanza organica o fino a quando esistono le condizioni ambientali idonee al processo.

Fig.1: Produzione complessiva del biogas: pubblicazione Filippo Dal Pastro – -Tesi di laurea in Ingegneria dei processi industriali – Università degli Studi di Padova “Captazione di biogas da discarica: analisi del biogas e scelta impiantistica ottimale”

In buona sostanza la produzione di biogas di discarica si ha a partire dalla fase di coltivazione iniziale del rifiuto e cresce durante la coltivazione progressiva per diventare massima alla chiusura della discarica (ovvero al termine della coltivazione della discarica) e la produzione perdura, seppur in progressiva diminuzione, anche nella fase di post chiusura iniziale (per 8-10 anni) fino ad avere una diminuzione più evidente nella fase di post-chiusura avanzata per oltre una ventina d’anni. Questo a significare che anche le discariche in post-chiusura contribuiscono alla produzione del biogas.

Non si può trascurare di dire che esistono numerosi studi e letteratura tecnica che pervengono a conclusioni spesso contrastanti sulla differenziazione delle fasi della decomposizione del rifiuto: questo perché il fenomeno in una reale discarica differisce per complessità da quello evidenziabile in laboratorio.

Nelle discariche insistono molte variabili che intervengono ed influenzano la produzione di biogas. Esse sono correlate alla gestione dei rifiuti (es. caratteristiche gestionali e costruttive della discarica e degli impianti ad essa asserviti, alla compattazione e alla copertura dei rifiuti nonché all’eventuale infiltrazione), alle condizioni ambientali (es. temperatura, ventosità, barometria, precipitazioni, insolazione), alle caratteristiche dei rifiuti (es. composizione merceologica, pezzatura, densità, contenuto d’acqua, pH e temperatura all’interno del cumulo di rifiuti, presenza e distribuzione dei microrganismi, concentrazione dei nutrienti).

Di fatto esistono vari tipi di ‘biogas’ e sono correlati alle fasi di decomposizione descritte in precedenza. I principali macro-componenti sono costituiti dal metano (CH4) e dall’anidride carbonica (CO2) ma con essi vanno considerati anche l’ossigeno (O2) e l’azoto (N2). Esistono poi un certo numero di micro-componenti (H2O, H2S, NH3, CO, ecc…) che hanno incidenza volumetrica variabile sulla composizione dei biogas, e che, seppur con incidenze minori, forniscono al biogas particolari caratteristiche di pericolosità, aggressività e/o odore.ù

La formazione del “cattivo odore” avviene durante tutte le fasi di decomposizione del rifiuto sino a quando sussistono le condizioni perché il processo di degradazione avvenga.

Nel biogas, le incidenze volumetriche dei vari gas sopra-elencati sono molto variabili; alcuni ricercatori ed esperti hanno pubblicato dati che però vengono spesso smentiti dalle verifiche in sito. Purtuttavia riteniamo utile riportare una rappresentazione sintetica (e non esaustiva) delle composizioni del biogas di discarica, così come risultanti dalla letteratura tecnico scientifica di settore:

GAS COMPONENTE INCIDENZA STANDARD
Metano 0 – 60%
Anidride carbonica 0 – 70%
Ossigeno 0 – 21%
Azoto 0 – 79%
Idrogeno 0 – 1%
Acqua 0 – 5%
Idrogeno Solforato 0 – 2%
Ammoniaca 0 – 1%
Monossido di carbonio 0 – 0,1%

Per tutte le caratteristiche chimiche e fisiche del biogas (con riferimento specifico sia alle caratteristiche chimiche e fisiche dei gas componenti la miscela ‘biogas’, sia alle caratteristiche di combustione ed esplosione del biogas, di densità del biogas in funzione della sua composizione, della temperatura del biogas, delle pressioni differenziali, barometriche e di captazione del biogas, dell’umidità presente nel biogas, della sedimentabilità, dell’odore del biogas, ecc) si rimanda ad apposite trattazioni.

Per evitare di disorientare e confondere, ed avendo già messo in rilievo quanto sia problematico definire con esattezza tutte le variabili del biogas (da momento che perfino in una singola discarica possono coesistere contemporaneamente più tipologie di biogas caratterizzate da caratteristiche chimiche e fisiche differenti) si riportano i PARAMETRI STANDARD A CARATTERIZZAZIONE DEL BIOGAS ‘TIPICO’ definiti dalla letteratura tecnica:

PARAMETRO STANDARD BIOGAS U.M. VALORE STANDARD
Unità di misura volumetrica Nm3
Composizione
Metano CH4 % vol 50
Anidride carbonica CO2 % vol 35
Ossigeno O2 % vol 3
Azoto N2 % vol 12
Microcomponenti tracce
Potere Calorifico

(proporzionale alla concentrazione del metano)

kWh 4,79
Limiti infiammabilità in aria
Inferiore (LIE o LEL) % in aria 5
Superiore (LSE o UEL) % in aria 15
Densità
assoluta Kg/Nm3 1,4
relativa rispetto all’aria Kg/Nm3 0,96
Temperatura °C 40
Pressione
assoluta hPa 1013 (livello mare)
relativa hPa 0
Umidità % ur 100

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Normalmente una miscela di biogas caratterizzata dalla presenza di metano al 50% viene internazionalmente definita LFG50 (LandFill Gas).

Poter disporre di una indicazione quantitativa in merito alla produzione di biogas di una discarica è determinante per tutte le fasi di vita della discarica stessa, a partire dalla progettazione e costruzione, alla gestione e post-gestione nonché per il monitoraggio e per l’attività di captazione del biogas.

Se infatti il biogas non viene captato, esso si disperde in atmosfera sottoforma di emissioni diffuse che vanno ad intensificare l’effetto serra dal momento che i suoi due principali macro-componenti sono il metano e l’anidride carbonica, entrambi importanti gas GHG.

Inoltre il biogas captato, essendo composto dal macro-componente metano (gas combustibile con campo di infiammabilità tra il 5 ed il 15% in aria), è considerato un gas infiammabile che, se avviato a trattamento di recupero energetico, garantisce introiti economici.